sabato 21 marzo 2020

#EranoSemi: in ricordo del piccolo Giuseppe Di Matteo

La mafia ha un suo codice d’onore e lo rispetta. La mafia non ammazza donne e bambini. Queste sono due delle dicerie più diffuse sulla mafia eppure non c’è nulla di più falso per due semplici motivi: 

-  il primo è che la mafia non ha alcun codice d’onore, al massimo la mafia è disonorevole, la mafia è vigliaccheria perché a fare i prepotenti con una pistola in mano sono capaci tutti;
-   il secondo motivo perché la mafia, da sempre, ammazza ogni persona che si trova sulla propria strada, indipendentemente da chi sia, uomo, donna o bambino non fa differenza.

Durante una riunione tra mafiosi nella quale si stava organizzando un attentato che doveva avvenire su una spiaggia molto frequentata, Riina disse: "Di bambini a Sarajevo ne muoiono tanti, perché ci dobbiamo preoccupare proprio noi di Corleone?". 

Già nel 1976 la mafia, in questo caso Cosa Nostra, uccideva i bambini, come nel caso di Giovanni La Greca, Riccardo Cristaldi di 15 anni, Lorenzo Pace di 14 anni e Benedetto Zuccaia di 13 anni che furono uccisi perché colpevoli di aver scippato la borsa alla mamma del boss catanese Benedetto Santapaola. Prima vennero portati in un casolare di campagna, poi, dopo due giorni, sono stati strangolati e infine buttati in un pozzo.

La storia che ha fatto più clamore è quella del povero Giuseppe Di Matteo, figlio del collaboratore di giustizia Santino Di Matteo, ucciso da Cosa Nostra nel 1996 a soli 15 anni. Il piccolo Di Matteo venne ucciso per far tacere il padre che aveva deciso di testimoniare contro Cosa Nostra rivelando dettagli importanti sulla strage di Capaci e sull'uccisione dell'esattore Ignazio Salvo.

Il piccolo Giuseppe Di Matteo fu rapito il 23 novembre 1993, quando aveva 13 anni, da un gruppo di mafiosi che agivano su ordine di Giovanni Brusca, allora latitante e boss di San Giuseppe Jato. Secondo le deposizioni di Gaspare Spatuzza, che prese parte al rapimento, i sequestratori si travestirono da poliziotti ingannando facilmente il bambino, che credeva di poter rivedere il padre in quel periodo sotto protezione lontano dalla Sicilia.

Dice Spatuzza: "Agli occhi del bambino siamo apparsi degli angeli, ma in realtà eravamo dei lupi. (...) Lui era felice, diceva 'Papà mio, amore mio'". Il piccolo fu legato e lasciato nel cassone di un furgoncino Fiat Fiorino, prima di essere consegnato ai suoi carcerieri.

Dopo un iniziale cedimento psicologico, Santino Di Matteo, il padre, non si piegò al ricatto (sebbene fosse angosciato dalle sorti del figlio), e dopo un tentativo andato a vuoto di cercarlo, decise di proseguire la collaborazione con la giustizia. Il boss Giovanni Brusca ordinò così l'uccisione del ragazzo, ormai fortemente dimagrito e indebolito per la prolungata e dura prigionia, Santino Di Matteo venne strangolato e successivamente sciolto nell'acido l'11 gennaio 1996, all'età di 15 anni, dopo 25 mesi di prigionia, o meglio 779 giorni.