venerdì 19 dicembre 2014

Il silenzio italiano sullo Stato di Palestina

In questi giorni la politica internazionale è in fermento, dalla cessazione dell'embargo su Cuba da parte degli USA alle continue iniziative diplomatiche riguardanti la Palestina. Proprio su quest'ultima mi vorrei soffermare per una breve riflessione.

La vicenda riguardante la Palestina è da tempo presente nell'agenda politica europea e numerosi sono stati i pronunciamenti favorevoli allo Stato di Palestina da parte di molti Parlamenti tra i quali quello della Gran Bretagna, Danimarca, Belgio, Irlanda, Francia, Spagna, Portogallo e del governo di Svezia.
L'azione diplomatica e istituzionale di queste ultime ore si sta notevolmente intensificando anche all'interno del Parlamento Europeo che nella giornata del 17 dicembre ha approvato una risoluzione per il riconoscimento dello Stato di Palestina.
E ancora, nella giornata del 18 dicembre, sarà presentata al Consiglio di sicurezza Onu una bozza che chiede la fine dell'occupazione israeliana. L'obiettivo è far tornare Israele ai confini del '67 ma per Israele la proposta è irricevibile.
Altro fatto importante, sempre di questa settimana, è la decisione presa dalla Corte di Giustizia dell'unione Europea che ha annullato la decisione di iscrivere Hamas nella lista delle organizzazioni terroristiche. É vero, non si tratta di una decisione politica e quindi l’Ue continuerà a considerare Hamas un'organizzazione terroristica, però si tratta comunque di una sentenza legale che avrà degli sviluppi politici importanti.

In questo scenario politico così attivo e movimentato, però, stride un silenzio importante, quello del Governo italiano. La mancata presa di posizione da parte dell'Italia in merito al riconoscimento dello Stato palestinese, unico paese euro-mediterraneo a non essersi pronunciato, è molto anche in virtù del fatto che il nostro paese detiene la Presidenza del Consiglio dell'Unione europea. Non solo, poiché anche il "Ministro degli Esteri Europeo", Federica Mogherini, è italiana e quindi il ruolo del nostro Governo dovrebbe essere più forte e incisivo.

Nonostante ciò, il Presidente Renzi preferisce evitare la discussione nelle aule parlamentari e nella giornata di lunedì ha perfino incontrato il Primo Ministro israeliano Benjamin Natanyahu. Incontro istituzionale legittimo per carità ma forse, visto l'importante incarico affidato all'Italia in campo europeo, il Presidente Renzi dovrebbe e potrebbe far sentire maggiormente il peso politico del nostro paese seguendo l'esempio di altri grandi paesi europei.

Insomma, anche sulla vicenda della Palestina, così come in tante altre vicende, la nostra politica estera si sta dimostrando assente.

martedì 9 dicembre 2014

Stagione delle riforme: che fine ha fatto la proposta sul reddito minimo garantito?

Scritto e pubblicato

Crisi economica, disoccupazione e povertà crescenti impongono un ripensamento delle politiche economiche attuate negli ultimi anni. Una proposta è il reddito minimo garantito ma il Governo preferisce non discuterne

La crisi economica nella quale versa il nostro Paese pare non avere una fine e la strada verso una ripresa rimane ancora incerta. La disoccupazione è al 13,2%, quella giovanile al 43,3% e la forte disparità di reddito tra poveri e ricchi che ha raggiunto il rapporto di 1 a 10, sono dati eloquenti che evidenziano una realtà drammatica alla quale occorre porre subito rimedio.
In questo contesto così difficile, prende sempre più forza la proposta di istituire un reddito minimo garantito per far fronte a quella che è diventata una vera e propria emergenza sociale. 
Proposte serie e presentate in Parlamento esistono così come esistono esempi concreti, seppur in forme diverse tra loro, in tutta Europa a eccezione proprio dell'Italia e della Grecia. 
Anche a livello europeo le indicazioni sono state chiare, sia attraverso una Raccomandazione del Consiglio dell’Unione Europea del giugno 1992, che una Risoluzione del Parlamento Europeo del 2010, infatti, hanno spinto negli anni per l’implementazione del reddito minimo garantito nei diversi paesi Ue, sottolineando la sua importanza nella lotta contro la povertà.

Anche Sinistra Ecologia Libertà ha presentato una sua proposta di reddito minimo garantito che prevede lo stanziamento di 600 € mensili a tutti i disoccupati o in cerca di prima occupazione e ai precariamente occupati che un reddito inferiore agli 8000 €.
Secondo la proposta di Sel, la durata del reddito è di un anno rinnovabile senza limiti ma che cessa in caso di rifiuto di una proposta di lavoro, congrua alla propria storia professionale, presentata dal centro per l'impiego. 
Il reperimento dei fondi necessari all'istituzione di tale reddito deriverebbe dalla revisione della Cassa integrazione in deroga e da una tassazione alle rendite finanziare.

Le istituzioni europee e gli altri Stati Membri Ue sono favorevoli, il contesto socio-economico lo richiede ma nonostante ciò il Governo Italiano pare essere sordo rispetto a questa necessità.
Perché nella stagione delle riforme tanto sbandierate, non ha trovato spazio anche una riforma sul reddito minimo garantito.