martedì 13 dicembre 2016

Il 4 dicembre non è successo niente

Una settimana fa Matteo Renzi dava le dimissioni da Presidente del Consiglio dei Ministri in seguito al risultato elettorale del 4 dicembre che ha bocciato nettamente la riforma più importante della sua attività di Governo.
Con le dimissioni si sperava di poter tornare al voto quanto prima, eleggendo un governo con l'unica funzione di svolgere l'ordinaria amministrazione e favorire la discussione in Parlamento per la nascita di una nuova legge elettorale. Si sperava anche che il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella fosse diverso dal suo predecessore e che volesse, quindi, dare un vero segnale di svolta ascoltando la voce degli elettori.

Ebbene, a distanza di una settimana sembra non essere accaduto nulla, che non ci sia stato nessun voto e nessun referendum.
In parte è così, perché la crisi dei mercati minacciata dai sostenitori del sì non si è avverata, ma il discorso è un altro e riguarda la composizione del Governo.

Il Presidente Mattarella, al termine delle consultazioni, infatti, ha affidato l'incarico (come prevede la Costituzione) a Gentiloni di formare il Governo. Se già il nome di Gentiloni faceva pensare a una fotocopia del Governo Renzi, la certezza è arrivata con la nomina dei Ministri, pressoché tutti confermati, se non addirittura promossi come nel caso di Alfano (dal Ministero dell'Interno agli Esteri) e della Boschi (dalle Riforme a Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio).
Ministri il cui lavoro, tra l'altro, è stato fallimentare: dalla Riforma della Madia dichiarata parzialmente incostituzionale alla campagna sul fertility day della Lorenzin, dal fallimento confermato dai dati Istat del Jobs Act di Poletti fino ai 18 milioni di no che hanno bocciato la riforma costituzionale studiata dalla Boschi.

Un effetto alquanto strano inoltre, è stato assistere al giuramento dei Ministri davanti alla Costituzione Repubblicana e Antifascista che soltanto qualche giorno fa volevano stralciare. 

L'aver riconfermato tutto l'esecutivo dell'ex Presidente Renzi equivale ha un gesto di sfida verso il voto democratico dei cittadini e significa il 4 dicembre non ha insegnato nulla. Non è stato capito, o forse sì, che molte delle 18 milioni di persone che hanno votato no alla riforma hanno espresso un voto soprattutto politico, di forte contrarietà e dissenso alle politiche attuate negli ultimi anni.

Ecco perché il popolo è stato nuovamente tradito ed ecco perché la distanza dei cittadini dalla politica sarà sempre maggiore.

giovedì 8 dicembre 2016

Ora è il momento di unire la sinistra

L'esito referendario del 4 dicembre è stato inequivocabile e lascia spazio a fantasiose illusioni soltanto a chi non vuole vedere. Tra questi, purtroppo, c'è l'ex Sindaco di Milano Giuliano Pisapia che in una recente intervista ha dichiarato, di essere pronto a unire la sinistra a fianco del Partito Democratico a patto che sciolga le alleanze con Alfano e Verdini.

A mio modo di vedere, un dialogo con il PD guidato da Renzi non è possibile. Rompere con i due ex berlusconiani non può essere sufficiente, ma occorre analizzare le riforme varate dal Governo in questi anni. Riforme che non sono state il frutto del compromesso tra forze politiche, ma sono state volute da Renzi in persona: il Jobs Act, la Buona Scuola, la rimozione dell'Articolo 18 e la "legalizzazione" di milioni di voucher che hanno reso il lavoro una forma di schiavitù.

Per queste ragioni non sono interessato a un campo progressista stampella di Renzi e di questo PD. Sono interessato, piuttosto, a riunire la sinistra che non si riconosce nelle sopracitate riforme neoliberiste piegate al capitale e al volere dell'Europa dei tecnocrati.

All'interno del fronte del No non c'è solo il popolo della sinistra, è vero, ma la netta vittoria ha evidenziato la voglia di democrazia degli italiani e ancora di più il forte disagio sociale che molti cittadini avvertono. Non è un caso, infatti, che a dire No siano stati i più colpiti dalle riforme: giovani, disoccupati e i più poveri. 

La sinistra che vorrei deve ripartire da questi segnali proponendo una propria linea politica nuova e in contrasto con le decisioni prese fino ad ora. 

Il popolo del No s'è schierato in maniera decisa a difesa della Costituzione, ma soprattutto ha lanciato un messaggio alla classe politica per pretendere risposte concrete e diverse rispetto alle ultime riforme che hanno solamente ampliato la crisi delle classi meno abbienti.


Ripartiamo da qui.