martedì 29 marzo 2016

Ancora un inchino della statua davanti alla casa del boss locale. E' ora di negare il consenso sociale alla mafia con l'impegno di tutti

E' successo ancora, per l'ennesima volta ha vinto l'ostentazione del potere mafioso permesso dal consenso sociale conferito da una minoranza di cittadini. Stavolta l'inchino della statua davanti alla casa del boss locale è avvenuto a San Michele di Ganzaria, nel catanese. Durante la processione del venerdì santo, la statua del Cristo morto, sorretta da una ventina di persone e accompagnata da circa alter cento, ha improvvisamente cambiato percorso dirigendosi in piazza Monte Carmelo, dove si trova la casa del boss mafioso Francesco La Rocca, detenuto in regime di 416 bis.
La maggior parte dei manifestanti, per fortuna, non ha seguito il cambio di percorso così come il Sindaco, il parroco e il comandante della stazione dei carabinieri che hanno manifestato immediatamente il proprio sdegno.

Le feste religiose rappresentano un momento fondamentale per Cosa Nostra perché attraverso di esse, l'organizzazione mostra pubblicamente la sua forza, superiore a quella di Dio. Non tutti, per esempio, possono portare la statua, così come non tutti hanno la possibilità di avvicinarsi. Questi permessi sono concessi dal comitato organizzatore della festa che molte volte è composto di persone legate alle famiglie mafiose se non addirittura imparentate. 
La forza intimidatrice della mafia arriva fin qua. E se un prescelto da Cosa Nostra non è nominato all'interno del comitato, poco importa perché misteriosamente avverrà la rinuncia di qualche altro cittadino.
Per Cosa Nostra questi momenti sono inoltre fondamentali per far aumentare la sudditanza psicologica nei propri affiliati e per accrescere il consenso sociale. 

E' in queste occasioni, e anche in altre, che la Chiesa dovrebbe agire e seguire le parole tanto decantate di Papa Francesco, allontanando dai comitati organizzatori tutte quelle persone legate alle cosche mafiose o con precedenti penali gravi. 
La Chiesa rappresenta, nel bene e nel male, un'istituzione che raccoglie milioni di persone, quindi non può non combattere questa battaglia. Deve dare l'esempio, come tanti parroci hanno fatto o ancora fanno.

Per combattere la mafia occorre non solo reprimerla, ma anche togliergli il terreno fertile attorno affinché averci a che fare diventi sconveniente. Per fare ciò bisogna rispolverare e tener ben in memoria le semplici parole, e purtroppo ancora attuali, di Giovanni Falcone: "E' tempo di andare avanti, non più confidando sull'impegno straordinario di pochi, ma con l'impegno ordinario di tutti."

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